Dopo una lunga indagine e un processo complesso, si è giunti alla sentenza per i furti di rame avvenuti nei parchi fotovoltaici salentini. Sette imputati sono stati condannati e sei assolti, mettendo fine a una serie di saccheggi che hanno colpito diversi impianti nella regione.
Gli imputati, prevalentemente di origine marocchina, avevano due basi operative: un bar e una stazione di servizio ribattezzata “wifi” nelle intercettazioni. Da questi luoghi pianificavano e partivano per i loro raid notturni. L’organizzazione era ben strutturata, dotata di strumenti come piedi di porco, forbicette e stivali, utilizzati per superare i sistemi di videosorveglianza e rubare cavi di rame.
I giudici della prima sezione penale, presieduti da Fabrizio Malagnino, hanno emesso le condanne per: El Houssine Zhari, Mohammed Roualy, Pasquale Storino, Alì Selmi, Gianni Caraccio e Roberto Caraccio.
El Houssine Zhari era la mente dietro l’organizzazione. Pianificava i furti e dava istruzioni precise su orari e luoghi di incontro. Pasquale Storino era responsabile del trasporto dei membri del gruppo, della raccolta della refurtiva e del ritorno al punto di partenza. Nonostante gli arresti, i furti non si fermarono, e le intercettazioni in carcere rivelarono ulteriori dettagli sui piani dell’organizzazione.
Le intercettazioni hanno giocato un ruolo cruciale nel processo. Le conversazioni tra i membri arrestati e i loro familiari hanno rivelato la determinazione a riprendere i furti una volta usciti dal carcere. Le mogli degli imputati hanno involontariamente confermato l’esistenza dell’organizzazione, discutendo della necessità di nominare lo stesso difensore per tutti, suggerendo un vincolo associativo stretto.
Il collegio difensivo degli imputati era composto dagli avvocati Giuseppe De Luca, Speranza Faenza, Maurizio My, Andrea Bianco e Antongiulio Cardinale.