Operazione “Stealth” nel Salento: scoperto sistema mafioso di estorsioni e violenze

L’operazione “Stealth” ha portato allo smantellamento di un presunto gruppo mafioso attivo nel Salento, con base a Carmiano. Numerose intercettazioni hanno rivelato minacce, estorsioni e violenze, confermando il clima di omertà

Un’inchiesta su larga scala svela il controllo del territorio da parte di un gruppo mafioso con base a Carmiano. Gli episodi di estorsione e intimidazione mettono in luce l’efficacia delle indagini e il livello di sottomissione imposto ai cittadini.

Dall’inizio dell’operazione investigativa nel dicembre 2020 fino a giugno 2023, i carabinieri della sezione operativa di Campi Salentina hanno ricostruito le trame di un’organizzazione che avrebbe operato in vari comuni salentini con attività estorsive, danneggiamenti e minacce, sostenute dall’intimidazione mafiosa. Alla guida dell’organizzazione, secondo le indagini, ci sarebbe stato Fernando Nocera, già agli arresti domiciliari, ma ritenuto responsabile di dirigere il gruppo anche a distanza.

Tra gli episodi emersi spicca una minaccia intercettata ai danni di un imprenditore, riferita da Nocera al suo collaboratore Alessio De Mitri: quest’ultimo si sarebbe offerto di “bruciare” i macchinari di un imprenditore nel caso non avesse accettato le condizioni imposte dall’organizzazione. Le conversazioni telefoniche intercettate confermano inoltre il tentativo di estorsione ai danni di un’attività turistica locale con la richiesta di ingenti somme di denaro. Uno degli obiettivi era proprio il settore turistico, uno dei più fiorenti dell’area, scelto per l’alto valore economico dei suoi investimenti.

Il gruppo agiva tramite una struttura ben definita: i cosiddetti “azionisti” venivano incaricati di azioni violente come incendi dolosi e danneggiamenti di strutture, cantieri e mezzi. Tra i numerosi attacchi, due incendi colpirono il 6 e 19 luglio 2021 le attrezzature di un lido turistico a “Punta Prosciutto”, un episodio emblematico dell’escalation di intimidazioni contro chi si opponeva al gruppo.

In parallelo, l’inchiesta ha rivelato atti intimidatori a scopo politico.

Un ulteriore dettaglio inquietante riguarda la spregiudicatezza del gruppo mafioso nell’uso di armi camuffate come oggetti comuni, come la modifica di una penna biro per farla diventare una vera e propria arma da sparo.

Le prove raccolte e l’ampiezza delle accuse formulano un quadro complesso che illustra la vasta rete di controllo e potere esercitata dall’organizzazione. La tenacia delle forze dell’ordine ha permesso di documentare e neutralizzare un clima di terrore e assoggettamento imposto ai cittadini, molti dei quali, per paura, non avrebbero nemmeno presentato denuncia. L’intervento della giudice antimafia Francesca Mariano, che presiede il processo, costituisce un passo decisivo verso il recupero della legalità nei comuni del Salento, riportando fiducia nelle istituzioni.

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