Un’inchiesta condotta tra Italia e Bulgaria ha portato alla richiesta di rinvio a giudizio per 26 persone, accusate di far parte di un’organizzazione criminale dedita allo sfruttamento della prostituzione. L’istanza, firmata dalla sostituta procuratrice della direzione distrettuale antimafia Giovanna Cannarile e dalle colleghe Erika Masetti e Rosaria Petrolo, sarà discussa il prossimo 12 febbraio davanti al giudice Stefano Sala.
Tra gli imputati figura Yanchev Anto Antov, cittadino bulgaro di 53 anni, soprannominato “zio”, ritenuto il leader dell’organizzazione. Secondo l’accusa, Antov avrebbe sfruttato giovani connazionali, attirandole in Italia con la promessa di un lavoro dignitoso, per poi costringerle, con la violenza, a prostituirsi. Tra le vittime identificate, una quindicenne ingannata con l’offerta di un impiego in un negozio, ma poi costretta a lavorare come prostituta e, in un’occasione, violentata.
I metodi dell’organizzazione e le accuse
L’organizzazione si sarebbe avvalsa di metodi brutali per controllare le vittime. Le donne, private dei documenti e dei telefoni, erano costrette a prostituirsi in condizioni disumane, subendo minacce e violenze fisiche. I proventi dell’attività illecita venivano interamente consegnati ai membri del gruppo. Chi tentava di ribellarsi veniva punita con percosse, colpi di mazza da baseball e, in alcuni casi, bruciature con accendigas.
L’indagine, iniziata nel maggio 2021, si è conclusa lo scorso 12 marzo con un’operazione che ha portato a 22 arresti. Le accuse formulate includono associazione per delinquere, tratta di persone, sfruttamento della prostituzione anche minorile, violenza sessuale e sequestro di persona.
Prove e collaborazione internazionale
Gli investigatori hanno raccolto prove decisive attraverso intercettazioni telefoniche, ambientali e riprese video, effettuate anche nell’abitazione di Antov a Lecce. Un elemento chiave è stato il coordinamento con l’autorità giudiziaria bulgara, che ha permesso di ricostruire il reclutamento delle vittime.
Sono 31 le persone identificate come parti lese che potranno costituirsi parte civile nel processo, un’opportunità cruciale per ottenere giustizia.