Si è concluso con una condanna a 4 anni, 5 mesi e 10 giorni di reclusione il processo che vedeva imputato un 53enne, originario di Torremaggiore ma domiciliato a Casarano, accusato di maltrattamenti nei confronti della sua ex compagna. La sentenza è stata emessa dal giudice Marcello Rizzo del tribunale di Lecce, che ha accolto le prove e le testimonianze presentate dall’accusa.
Violenza e minacce: gli episodi chiave
Le indagini, coordinate dalla pm Simona Rizzo, sono scaturite dalla denuncia della vittima. Secondo quanto riferito dalla donna, l’uomo avrebbe utilizzato una pistola per sparare tra le mura domestiche, con l’intento di intimidirla e costringerla a riprendere la relazione. Tra gli episodi più gravi segnalati, il 53enne avrebbe puntato l’arma alla fronte della donna, minacciandola di morte.
Durante una perquisizione nell’abitazione, i carabinieri non hanno trovato l’arma, ma hanno riscontrato diversi fori di proiettile:
- Tre in cucina, di cui due sull’infisso della finestra.
- Fori ricoperti da stucco e carta adesiva sulle ante dell’armadio in camera da letto.
- Tre fori nascosti da uno specchio nel bagno, uno dei quali conteneva ancora un’ogiva.
La situazione è degenerata ulteriormente quando, nel cuore della notte, l’uomo ha cercato di sfondare la porta dell’abitazione dove si era trasferita la donna dopo la separazione, insultandola pesantemente. Il giorno seguente, l’ha pedinata mentre si recava in bicicletta a denunciare i fatti presso la caserma dei carabinieri, continuando a minacciarla di morte anche in presenza delle forze dell’ordine.
La difesa e le ammissioni dell’imputato
Durante l’interrogatorio davanti alla gip Maria Francesca Mariano, l’uomo ha ammesso di aver sparato, sostenendo di essere stato mosso dalla disperazione per la fine della relazione. Ha affermato, però, di averlo fatto solo in assenza della donna e contro la sua immagine riflessa. Tuttavia, il giudice ha ritenuto non credibile la versione, considerando i precedenti penali dell’imputato, tra cui condanne per tentato omicidio e porto abusivo d’arma, e un procedimento pendente per stalking.
La sentenza e le misure restrittive
Oltre alla pena detentiva, la sentenza include un risarcimento di 10mila euro in favore della vittima. Dopo l’arresto avvenuto l’8 aprile scorso, l’uomo è rimasto in carcere fino a giugno, quando la misura è stata alleggerita con la detenzione domiciliare presso una comunità religiosa, monitorata tramite braccialetto elettronico.
Ricorso in appello
L’avvocato difensore dell’imputato, Attilio De Marco, ha annunciato il ricorso in appello, sostenendo che il reato contestabile avrebbe dovuto essere quello di stalking e non di maltrattamenti in famiglia.