Dopo dieci anni di maltrattamenti, l’incubo di una donna e delle sue figlie è giunto alla fine con la condanna di un agricoltore salentino di 34 anni a tre anni di reclusione per maltrattamenti in famiglia e lesioni personali aggravate. La giudice per l’udienza preliminare, Valeria Fedele, ha applicato la riforma Cartabia, commutando la pena in lavori di pubblica utilità: l’uomo dovrà occuparsi del verde pubblico nel comune di Alezio, svolgendo il servizio per due ore al giorno.
Dieci anni di violenze e sopraffazione
La vicenda è emersa nell’aprile 2024, quando una delle figlie della compagna dell’uomo, accompagnata dalla nonna e dalla zia, ha denunciato ai Carabinieri un lungo periodo di maltrattamenti e minacce. Secondo il racconto della giovane, lei, la madre e le sorelle venivano costrette a svegliarsi nel cuore della notte per lavorare nei campi, affrontando turni massacranti.
L’agricoltore, descritto come irascibile e privo di autocontrollo, esercitava un potere assoluto sulla famiglia: vietava loro di uscire di casa, le privava dei telefoni cellulari e, in caso di disobbedienza, scattavano le violenze fisiche. Le vittime hanno riferito di schiaffi, pugni, tirate di capelli, lancio di oggetti e percosse che hanno provocato lividi, escoriazioni e persino fratture.
Secondo gli inquirenti, l’agricoltore agiva con “morbosi e ossessivi impulsi violenti e vessatori”, instaurando un clima di terrore che ha segnato profondamente la vita delle vittime. La denuncia della figliastra più grande, presentata dopo l’ennesima aggressione, ha portato all’allontanamento dell’uomo dalla casa familiare e all’avvio del processo.