Raggiunto da un proiettile, ora è lui l’imputato

Il 48enne Claudio Carretta dovrà difendersi in tribunale dalle accuse di stalking, minacce e lesioni dopo l'esplosione di colpi d'arma da fuoco avvenuta a Gallipoli

Tar

Un episodio di violenza culminato con l’esplosione di colpi d’arma da fuoco si trasforma in un processo dai risvolti inaspettati. Claudio Carretta, 48 anni, inizialmente considerato vittima dopo essere stato ferito all’addome, si troverà ora sul banco degli imputati. L’uomo dovrà rispondere delle accuse di stalking, lesioni, tentate lesioni e porto abusivo d’arma, dopo che le indagini hanno ricostruito un quadro diverso rispetto a quanto emerso inizialmente.

Il fatto risale al 28 giugno 2024, quando in viale Europa, a Gallipoli, si verificò uno scontro tra Carretta e il 27enne Niko Saverio Piteo. Quest’ultimo, autore dei colpi di pistola, venne arrestato per tentato omicidio, ma fu rilasciato dopo l’interrogatorio. Gli accertamenti hanno poi rivelato che l’azione di Piteo sarebbe stata una reazione alle continue minacce e aggressioni subite da Carretta, il quale ora dovrà difendersi in tribunale.

Il processo e le accuse

Il rinvio a giudizio è stato disposto dal gup Stefano Sala su richiesta della procura. Il procedimento inizierà il prossimo 11 aprile, davanti al giudice del tribunale di Lecce Andrea Giannone. Carretta sarà assistito dagli avvocati Raffaele Benfatto e Speranza Faenza, che hanno scelto di affrontare il processo ordinario senza richiedere riti alternativi. Piteo e la sua famiglia si costituiranno parte civile, con l’assistenza legale degli avvocati Pompeo Demitri e Stefano Palma.

La dinamica dell’evento

Secondo la ricostruzione dei fatti, l’episodio avrebbe avuto inizio nel primo pomeriggio, quando Carretta entrò in un bar e si rivolse alla cameriera con un tono polemico. Piteo, presente nel locale con la moglie e le figlie, intervenne chiedendo spiegazioni. Ne seguì un violento alterco, in cui Carretta avrebbe aggredito il 27enne sferrandogli un pugno e trascinandolo fuori dal locale, continuando a colpirlo al torace e graffiandolo al collo.

Piteo, praticante di arti marziali, riuscì a immobilizzare il 48enne, cercando di fermare l’aggressione senza ulteriori conseguenze. Tuttavia, Carretta non si sarebbe fermato: si allontanò per recuperare un tubo di ferro lungo circa 50 centimetri dalla sua auto e tornò per cercare di colpire nuovamente il rivale. Solo l’abilità di difesa di Piteo gli permise di schivare i colpi.

Dopo il fallito tentativo di aggressione, Carretta lasciò il luogo gridando minacce di morte nei confronti di Piteo e della sua famiglia: “Non finisce qui… Ti ammazzo… Veniamo a prenderti a casa e vi ammazziamo tutti”. Poche ore dopo, mantenne la promessa, presentandosi con un parente sotto casa del 27enne, incitandolo a uscire.

A quel punto, temendo per la sua incolumità e per quella della moglie e delle figlie, Piteo afferrò la pistola, regolarmente detenuta, ed esplose diversi colpi per cercare di allontanarlo. Nel frattempo, la moglie del 27enne allertò i carabinieri. Uno dei proiettili raggiunse Carretta all’addome, rendendolo inizialmente il ferito della vicenda.

Le indagini e il ribaltamento del caso

In un primo momento, Piteo fu arrestato con l’accusa di tentato omicidio, ma il quadro si è poi capovolto con il proseguire delle indagini. Gli elementi raccolti hanno evidenziato un contesto di minacce e aggressioni da parte di Carretta, portando la magistratura a ritenere che il 27enne avesse agito per autodifesa.

Ora sarà Carretta a dover rispondere delle accuse davanti al tribunale, in un processo che si preannuncia complesso. Le difese cercheranno di dimostrare le proprie tesi, mentre la procura porterà in aula gli elementi raccolti per sostenere l’impianto accusatorio.

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