Il Consiglio di Stato ha emesso tre distinte sentenze che sanciscono la definitiva condanna del Comune di Nardò per il demansionamento di tre ex dirigenti comunali. La vicenda risale alle delibere adottate all’inizio del mandato dell’amministrazione guidata dal sindaco Pippi Mellone, che aveva deciso di rimuovere alcuni dirigenti senza un concorso pubblico per fare spazio a nuove nomine.
L’opposizione, rappresentata dal capogruppo del Partito Democratico Lorenzo Siciliano, ha duramente criticato queste scelte. Secondo Siciliano, la sentenza dimostra come il Comune abbia violato una serie di norme e abbia speso ingenti risorse per difendere in tribunale una posizione che è stata rigettata su tutta la linea.
Le sentenze aprono ora la strada a un risarcimento economico significativo, che si aggiunge alle spese processuali. Complessivamente, il danno economico per il Comune supera i 120mila euro, mentre il risarcimento richiesto dai dirigenti si avvicinava ai 770mila euro. L’opposizione ha annunciato l’intenzione di portare la questione di fronte alla Procura della Corte dei Conti, ritenendo che i responsabili dell’accaduto debbano rispondere in prima persona dei danni economici subiti dall’ente.
Di fronte alle critiche, la maggioranza ha minimizzato l’impatto della sentenza. Secondo l’amministrazione, la condanna si traduce in un esborso di soli 34mila euro, ovvero meno del 4% rispetto alla richiesta iniziale dei dirigenti. Inoltre, viene sottolineato come tale somma fosse già stata accantonata in bilancio, evitando così ripercussioni sulle finanze comunali.
Dal punto di vista politico, la giunta Mellone difende la propria scelta di rinnovare la dirigenza comunale, sostenendo che il costo sostenuto sia marginale rispetto ai benefici economici derivanti da una gestione più efficiente della macchina amministrativa. Resta comunque il dato che il Consiglio di Stato ha confermato l’illegittimità della rimozione dei dirigenti, chiudendo definitivamente la controversia giudiziaria.