Tra dieci anni la Puglia avrà quasi 113mila abitanti in meno di età compresa tra 15 e 64 anni. Perdendo il 12,7% della propria forza lavoro. Il terzo dato peggiore tra le regioni italiane secondo le stime fatte dal Centro studi della Cgia di Mestre qualora l’andamento demografico non dovesse cambiare.
La situazione in Italia
Percentuale molto al di sopra della media italiana, che è del 7,8%, comunque molto rilevante. Procedendo con questo andamento demografico, l’Italia nel 2025 avrà 2,9 milioni di potenziali lavoratori in meno. Un trend comune a tutte le zone del Paese, ma con percentuali molto diverse. Nel Nord Ovest, infatti, si attende un calo del 4,5%, che nel Nord Est sale al 5,3%. Nel Centro la perdita di popolazione in età lavorativa sarà del 7,1% rispetto all’attuale. Crollo nel Mezzogiorno: oltre un milione e mezzo di popolazione in meno tra 15 e 64 anni, -12,2%.
I dati in Puglia
Diverse province pugliesi compaiono tra quelle con la maggiore emorragia percentuale di potenziali lavoratori. Taranto è al decimo posto di questa non invidiabile classifica, con 48.471 residenti in meno tra 15 e 64 anni (-14%). Brindisi è 13esima (-13,4%). Foggia 15esima (-13,3%).
Barletta-Andria-Trani 18esima (-12,9%).
Lecce si trova al 22esimo posto, con un calo del 12,3%. Rispetto agli attuali 476.704 residenti di età compresa tra 15 e 64 anni, nel 2035, proseguendo con questo trend, si scenderà a 417.836 residenti, quasi 59mila potenziali lavoratori.
Poco più sotto c’è Bari, con un calo dell’11,8%.
Problemi anche per le imprese
La Cgia di Mestre evidenzia come nei prossimi anni le imprese siano destinate a subire dei contraccolpi molto preoccupanti.
Con difficoltà accresciute nel reperire giovani lavoratori da inserire nelle aziende artigiane, commerciali o industriali. Tanto più che non esistono misure efficaci in grado di modificare questa tendenza in tempi ragionevolmente brevi.
Inoltre, viene sottolineato, nemmeno il ricorso alla manodopera straniera potrà risolvere completamente la situazione. Di conseguenza, dobbiamo prepararci a un progressivo rallentamento del Pil, soprattutto nelle regioni e nelle province con un maggior calo demografico. A meno che le nuove tecnologie non determinino un radicale cambiamento dei processi produttivi.