Nella provincia di Lecce nell’ultimo anno si sono perse 758 attività artigiane, pari al 3,8%. Nell’ultimo anno se ne contano 18.971. Un calo importante, ma comunque tra i più bassi tra le provincia italiane, con la media nazionale che si attesta al 5%.
E’ del -3,8% anche la media pugliese, con 2.907 imprese artigiane perse nell’ultimo anno. Un calo che nella regione, negli ultimi dieci anni, è stato del 18,3% (-16.329 unità).
Il fenomeno in Italia
Negli ultimi 10 anni il numero degli artigiani presenti in Italia ha subito un crollo verticale: perse quasi 400mila unità. Se nel 2014 gli artigiani erano 1,77 milioni, l’anno scorso la platea è scesa a 1,37 milioni (-22%). Anche nell’ultimo anno la contrazione è stata importante: perse 72mila attività (-5%). A lanciare l’allarme è l’Ufficio studi della CGIA, che ha elaborato i dati dell’INPS e, per quanto concerne il numero delle imprese artigiane attive, di Infocamere/Movimprese.
Le cause
E se per alcune attività la riduzione è legata a fenomeni di accorpamento indotti da esigenze di mercato, la tendenza è quella di una fuga generalizzata da alcune attività artigianali. L’invecchiamento progressivo della popolazione artigiana, provocato in particolar modo anche da un insufficiente ricambio generazionale, la feroce concorrenza esercitata nei decenni scorsi dalla grande distribuzione e in questi ultimi anni in particolare dal commercio elettronico, il peso della burocrazia, il boom del costo degli affitti e delle tasse nazionali/locali hanno costretto molti artigiani ad alzare bandiera bianca.
Una parte della “responsabilità”, comunque – evidenzia la CGIA – è ascrivibile anche ai consumatori che in questi ultimi tempi hanno cambiato radicalmente il modo di fare gli acquisti, sposando la cultura dell’usa e getta, preferendo il prodotto fatto in serie e consegnato a domicilio. La calzatura, il vestito o il mobile fatto su misura sono ormai un vecchio ricordo; il prodotto realizzato a mano è stato scalzato dall’acquisto scelto sul catalogo on-line o preso dallo scaffale di un grande magazzino.
Le zone
La riduzione ha interessato tutte le regioni d’Italia, nessuna esclusa. Nell’ultimo decennio le aree più colpite da questa “emorragia” sono state le Marche (-28,1%), l’Umbria (-26,9), l’Abruzzo (-26,8) e il Piemonte (-26). Il Mezzogiorno, invece, è stata la ripartizione geografica che ha subito le “perdite” più contenute. Grazie, in particolare, agli investimenti nelle opere pubbliche legati al PNRR e agli effetti positivi derivanti dal Superbonus 110 per cento, il comparto casa ha “frenato” la caduta del numero complessivo degli artigiani di questa ripartizione geografica. La denuncia è sollevata.
Tra il 2024 e il 2023 la provincia d’Italia che ha subito la contrazione più importante del numero di artigiani è stata Ancona con il -9,4% (in valore assoluto pari a -1.254 persone). Seguono Ravenna e Ascoli Piceno entrambe con il -7,9%. Se la provincia romagnola ha subito una riduzione di 952 artigiani, quella marchigiana di 535. Al quarto posto scorgiamo Rimini con il -6,9% (-835) e al quinto, a pari merito, Terni (-384 unità) e Reggio Emilia (-1.464).
Le diminuzioni più contenute, invece, hanno interessato quasi esclusivamente le province del Mezzogiorno. Le meno colpite sono state Crotone e Ragusa ambedue con il -2,7%. Se la realtà calabrese ha visto scendere lo stock di artigiani di 78 unità, quella siciliana di 164 unità.
In contotendenza
Ma non tutti i lavori artigiani arretrano. Risultano infatti in aumento parrucchieri, estetiste, gelatai, pizzerie per asporto e informatici. Nel benessere si continua a registrare un costante aumento degli acconciatori, degli estetisti e dei tatuatori.
Nell’informatica, invece, sono in decisa espansione i sistemisti, gli addetti al web marketing, i video maker e gli esperti in social media. Va altrettanto bene anche il comparto dell’alimentare, con risultati significativamente positivi per le gelaterie, le gastronomie e le pizzerie per asporto ubicate, in particolare, nelle città ad alta vocazione turistica.