Sequestrati beni per 12 milioni di euro a Lecce: operazione contro il narcotraffico

Un'operazione della Direzione distrettuale antimafia ha portato al sequestro di beni e società riconducibili a due gruppi criminali operanti nel Salento

Un sequestro preventivo di circa 12 milioni di euro è stato eseguito a Lecce e nei comuni limitrofi, su disposizione della Direzione distrettuale antimafia (DDA). Il provvedimento, emesso dal giudice per le indagini preliminari, è stato attuato dal Nucleo di polizia economico-finanziaria del Gruppo di investigazione sulla criminalità organizzata della Guardia di Finanza di Lecce, dal Servizio centrale investigativo sulla criminalità organizzata e dalla Squadra mobile della Polizia di Stato.

I beni sequestrati, tra cui denaro, società e altre risorse economiche, sarebbero il provento di attività illecite, tra cui il traffico di sostanze stupefacenti, il trasferimento fraudolento di valori e l’emissione di fatture per operazioni inesistenti.

Questa operazione rappresenta un seguito dell’azione condotta il 20 novembre scorso, quando erano state eseguite 35 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di soggetti ritenuti affiliati a due sodalizi criminali attivi a Lecce e nel basso Salento. Le indagini hanno individuato due gruppi distinti: il primo, guidato da Marco Penza, 41 anni, e Santo Gagliardi, 59 anni, entrambi di Lecce; il secondo, riconducibile a Gianluca Calabrese, 37 anni, di Copertino, e Cristian Roi, 42 anni, di Nardò.

Secondo gli inquirenti, questi gruppi avevano acquisito una forte influenza nel traffico di droga nei rispettivi territori, riuscendo anche a infiltrarsi nell’economia locale attraverso la gestione di esercizi pubblici e attività commerciali. Ciò sarebbe stato possibile grazie alla collaborazione di un professionista, Antonio Baldari, 43 anni, residente a Lecce, anch’egli arrestato.

Il giudice per le indagini preliminari, inizialmente, aveva escluso l’aggravante dell’associazione mafiosa (art. 416 bis del codice penale) per dieci degli indagati. Tuttavia, un mese dopo, il Tribunale del Riesame ha accolto parzialmente il ricorso della DDA, riconoscendo il reato associativo per sette degli arrestati e confermando le misure cautelari in carcere.

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