Il Venerdì Santo a Copertino si colora di sacralità e silenzio, dando vita a una processione che si svolge da circa cento anni lungo le principali strade cittadine. Questo momento di raccoglimento collettivo, scandito solo dal rumore sommesso dei passi dei portatori del Cristo morto, rappresenta molto più di una semplice celebrazione religiosa: è una testimonianza viva di fede, storia e cultura popolare.
L’evento si inserisce nel ciclo dei riti primaverili e pasquali, simbolo di rinnovamento e transizione. La processione si fa narrazione collettiva, in grado di raccontare la memoria di un tempo che precede ogni singolo individuo. Le statue, trasportate con una caratteristica andatura lenta e ondeggiante, evocano la Passione di Cristo e ne incarnano il Dolore in modo tangibile, diventando voce e preghiera attraverso i canti delle donne vestite di nero che seguono la statua della Madonna.
Elemento centrale della celebrazione è il canto “Udite figlie”, composto alla fine del XIX secolo da Giuseppe Tanese, musicista originario di Fasano e scomparso a Copertino nel 1928. Il brano, ispirato alle donne di Gerusalemme e alle madri che piangono i figli perduti, viene eseguito con intensità emotiva sotto la direzione del maestro Salvatore Cordella. La sua melodia, ripetitiva e dolente, accompagna l’intera processione come un lamento antico, struggente e solenne, intonato sui sagrati delle chiese lungo il percorso.
La processione del Venerdì Santo non è soltanto un evento religioso, ma un simbolo del patrimonio immateriale della città, un legame forte tra passato e presente, che resiste al tempo e alle trasformazioni della società. Rappresenta un punto d’incontro tra il sacro e l’umano, tra il pellegrino e il cittadino, tra chi vive a Copertino e chi vi giunge attratto da un “altrove” carico di significati profondi.