Ad aprile, rispetto allo stesso mese di un anno fa, le imprese pugliesi hanno ricevuto 791 milioni di prestiti in meno, al netto delle sofferenze e dei pronto contro termine. Un calo del 3,7% su base annua che è al di sotto della media nazionale, ben lontano dalla flessione che si registra nel Triveneto, superiore al 10%.
Un calo rutto sommato fisiologico, considerando la diminuzione della domanda di credito da parte delle imprese, l’elevato costo del denaro che porta a rimandare gli investimenti, anche in attesa delle agevolazioni previste dalla nuova transizione 5.0. Un calo che però può favorire il ricorso a richieste di denaro alla criminalità e quindi l’infiltrazione di associazioni mafiose, particolarmente elevate in tutta la Puglia, pur con i territori di Lecce e Taranto dove l’economia è un po’ meno soffocata da questa piaga.
Ecco perché la Cgia di Mestre, nella sua indagine, mette in correlazione la dinamica della stretta sul credito con il rischio di infiltrazioni mafiose, incrociando i dati degli impieghi vivi alle imprese con i cosiddetti reati spia sulla criminalità organizzata. Lo studio effettuato dalla Banca d’Italia a fine 2021 posizionava la Puglia tra le regioni con più elevato rischio di infiltrazioni mafiose, soprattutto in alcuni settori economici come l’edilizia e la distribuzione.
Fenomeni che possono essere favoriti dalla stretta al credito alle imprese, che possono portare a rivolgersi alla criminalità organizzata, che in questo modo finisce per controllare le aziende indebitate.
A livello provinciale, la stretta del credito a Lecce si attesta intorno al 5%, quindi leggermente al di sopra della media nazionale. Ad aprile del 2023 erano stati concessi impieghi vivi alle imprese per 3.324,7milioni di euro; quest’anno ci sono 166 milioni in meno per le imprese leccesi. Stretta più consistente nella provincia BAT (-6,1%). Foggia con -4,9% è in linea con la situazione di Lecce. A Taranto (-4,4%) va leggermente meglio. Sotto la media nazionale Brindisi (-2,7%) e Bari (-2,2%).