Clan Soleti e Sacra Corona Unita: il narcotraffico al centro dell’inchiesta

Il clan Soleti, affiliato alla Sacra Corona Unita, ha gestito un vasto traffico di cocaina tra Lecce e Brindisi, con violenze e intimidazioni verso chiunque cercasse di opporsi.

Le indagini recenti hanno rivelato come il clan Soleti, legato alla Sacra Corona Unita, gestisse un vasto traffico di droga tra le province di Lecce e Brindisi. Al centro dell’operazione, coordinata dalla Dda di Lecce, si trovano chili di cocaina importata dalla Calabria e dall’Olanda, con una fitta rete di pusher locali obbligati a rifornirsi dal clan stesso.

L’operazione, denominata “Fuori gioco”, ha portato all’arresto di 25 persone, mentre altre 9 risultano indagate. L’ordinanza di custodia cautelare, firmata dal gip Angelo Zizzari, ha svelato le dinamiche con cui il clan controllava il mercato della droga, ricorrendo a violenze e intimidazioni anche verso persone estranee alle attività criminali.

La gestione del traffico di cocaina

Secondo l’inchiesta del Gico, il traffico di droga era il vero “core business” del clan Soleti, il cui capo riconosciuto è Pietro Soleti, 58 anni, originario di San Donaci. Nella rete del clan erano coinvolti diversi esponenti di spicco, con il gruppo che operava in un’ampia area, estendendosi tra diverse località come San Donaci, San Pietro Vernotico e Copertino. In particolare, è emerso che il clan faceva pagare una tassa illecita ai pusher, obbligandoli a rifornirsi esclusivamente dalla loro cocaina. Per chi tentava di sottrarsi a queste imposizioni, venivano usate intimidazioni e pestaggi, come confermato dalle intercettazioni raccolte dagli inquirenti.

Il ruolo di Pietro Soleti e i collaboratori di giustizia

La Sacra Corona Unita, come sottolineato nell’ordinanza del giudice, continua a puntare sul narcotraffico come principale fonte di guadagno. Le dichiarazioni di collaboratori di giustizia, come Andrea Romano e Francesco Lazzaro, hanno confermato il ruolo centrale del clan Soleti nel traffico di cocaina. Romano ha descritto Soleti come il “padrino” del gruppo, un’organizzazione che in passato faceva parte della fazione dei “Mesagnesi”, poi passata tra i “Tuturanesi”. Accordi e disaccordi tra i clan, infatti, ruotano spesso attorno al controllo del mercato degli stupefacenti.

Pestaggi e imposizioni nel business della droga

Le accuse contro il clan non si limitano al traffico di cocaina. Sono stati documentati episodi di estorsione e violenza nei confronti di spacciatori locali e imprenditori. In un caso, sono stati sequestrati dieci chili di cocaina destinati allo spaccio, con un giro d’affari di oltre 300 mila euro. Gli arresti hanno coinvolto anche persone ritenute vicine a Soleti, come Benito Clemente e Vincenzo Preste, noto come “l’imprenditore”. Questi ultimi avrebbero imposto il pagamento del “punto”, una sorta di tassa sugli spacciatori, per conto del clan.

Estorsioni e minacce anche a chi non fa parte della malavita

Il clan Soleti non si limitava a intimidare e colpire chi operava nel narcotraffico. Secondo le indagini, alcuni membri avrebbero esercitato pressioni anche su persone estranee alla malavita, imponendo estorsioni in altri settori. Un esempio è il caso di un agente immobiliare costretto a rinunciare al suo compenso di 3mila euro, perché coinvolto in una trattativa con una parente di Pietro Soleti. In questo caso, Preste avrebbe “convinto” l’agente a non pretendere la somma dovuta.

Le indagini sono ancora in corso e potrebbero riservare ulteriori sviluppi. Gli arrestati dovranno rispondere alle domande del giudice Zizzari durante gli interrogatori di garanzia, offrendo eventualmente la propria versione dei fatti assistiti dai loro legali. Lo scrive LeccePrima.

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